Mi
ritrovo ancora in questa città fantasma. Dove le strade sono deserte e dove
nessuno mette più piede da anni. Dove prende vita tutto quello che
avevo lasciato e ormai dimenticato. Cammino tra le strade, colme di rimpianti,
sogni accucciati nei vicoli bui. In giro per la mia città i ricordi ritornano
ad essere vivi. Cammino senza sosta, alla ricerca di una svolta; ma ormai con la speranza ammassata nelle tasche
del giubbotto. L’aria è pungente e tutto risulta cupo e triste. Probabilmente abbandonato
da secoli… ma una figura brilla, in mezzo a quel nulla eterno. Brilla di luce
propria, così fragile e debole; tenta a passi stentati di raggiungere una
panchina. Mi sembra familiare, ma i ricordi sono sfocati e deboli, da far
sembrare impossibile l’idea di tornar a rammentare quei ricordi. La seguo verso
un vecchio albero; sembra una vecchia quercia centenaria e penso di trovarmi
dentro al parco della città.. ma tutto sembra irriconoscibile. Ma quel posto lo
conoscevo, e capisco di non poter più fuggire dal mio destino. Era il luogo in
cui incontrai lui, per la prima volta. Dove imparammo a conoscerci, in cui gli
confidai i miei più intimi segreti. Il posto in cui lo trovai in una sera più
dura del solito.. dove il dolore è troppo forte e l’unica cosa di cui hai
bisogno è: scappare. Restammo lì a parlare fino all’alba; fino a che, nella
immensa bellezza dell’alba, lui mi diede il nostro primo bacio. Diventò il mio
luogo preferito… dopo le sue braccia. Il luogo in cui ho passato i giorni
migliori della mia vita. Che mi hanno portato alla fine.. alla fine di tutto. Il
luogo dove, un giorno di sole, lui sparì. E non tornò.. e tutto scomparve con
lui. Che fosse una nevosa giornata di gennaio o una soleggiata giornata di
maggio, non riusciva a fare più differenza, perché lui era riuscito a portar
via tutto. Riemersi dai ricordi, e mi accorsi che l’aura di quella debole
figura era accartocciata sopra la panchina, ormai arrugginita. Mi sedetti al suo fianco e quando riuscì ad
intravedere il suo viso, notai che aveva delle strette somiglianze con me… ma
con tratti più spenti e lo sguardo vuoto e cupo. Senza esitare, iniziò a
parlare : << Sai… ci piaceva venire qui, anzi, lo adoravamo perché eravamo
certe che incrociando il suo sguardo tutti i problemi sarebbero scomparsi. Ed era
vero, almeno, per tutto il tempo che eravamo con lui, niente aveva più
importanza. C’era solo lui. E noi.. ed era bella la sensazione che ci provocava
un suo semplice sorriso.>>. Mi guardò con gli occhi di chi sa ciò che non
potrà più tornare, ma riesce a raccontarlo con un lieve sorrise.
<<Volevamo che durasse… durasse per sempre, o almeno un altro po’>>,
e sembrò che delle leggere lacrime iniziassero
a scendere dal suo viso pallido. << Sembri forte, credi di poter
superare tutto… ma ti sbagli. Ci abbiamo provato, senza sosta.. ma non ci siamo
riuscite. Sono la persona che diventerai. Ferita, insensibile, vuota.. a tratti
invisibile.>>. La guardai incredula, le sue parole continuavano a riecheggiare
nella mia mente senza trovare un giusto
significato; e lei alla mia espressione, sorrise. <<Non ti rammaricare..
da questa “apparente quiete” non puoi fuggire, ma soccombere lentamente… e poi
alla fine potrai essere libera.>>; e quelle furono le ultime parole che
disse, prima di svanire nella nebbia. Rimasi seduta lì, mentre i ricordi si
proiettavano davanti a me… e rividi quel viso, quei occhi smeraldi e tutti i
momenti che avevamo condiviso. Era straziante, ma in qualche strano modo
rilassante.. perché per una volta ero stata felice davvero. E avrei tanto
voluto che durasse…
Mi chiamo Roshelle,ho 18 anni, amo scrivere e leggere. "The years Journey" è semplicemente frutto di pensieri, riflessioni e sogni che mi accompagnano ogni giorno. Sarà il mio "piccolo diario", in cui spero vi ritroverete nella mia piccola follia.
Mi
ritrovo ancora in questa città fantasma. Dove le strade sono deserte e dove
nessuno mette più piede da anni. Dove prende vita tutto quello che
avevo lasciato e ormai dimenticato. Cammino tra le strade, colme di rimpianti,
sogni accucciati nei vicoli bui. In giro per la mia città i ricordi ritornano
ad essere vivi. Cammino senza sosta, alla ricerca di una svolta; ma ormai con la speranza ammassata nelle tasche
del giubbotto. L’aria è pungente e tutto risulta cupo e triste. Probabilmente abbandonato
da secoli… ma una figura brilla, in mezzo a quel nulla eterno. Brilla di luce
propria, così fragile e debole; tenta a passi stentati di raggiungere una
panchina. Mi sembra familiare, ma i ricordi sono sfocati e deboli, da far
sembrare impossibile l’idea di tornar a rammentare quei ricordi. La seguo verso
un vecchio albero; sembra una vecchia quercia centenaria e penso di trovarmi
dentro al parco della città.. ma tutto sembra irriconoscibile. Ma quel posto lo
conoscevo, e capisco di non poter più fuggire dal mio destino. Era il luogo in
cui incontrai lui, per la prima volta. Dove imparammo a conoscerci, in cui gli
confidai i miei più intimi segreti. Il posto in cui lo trovai in una sera più
dura del solito.. dove il dolore è troppo forte e l’unica cosa di cui hai
bisogno è: scappare. Restammo lì a parlare fino all’alba; fino a che, nella
immensa bellezza dell’alba, lui mi diede il nostro primo bacio. Diventò il mio
luogo preferito… dopo le sue braccia. Il luogo in cui ho passato i giorni
migliori della mia vita. Che mi hanno portato alla fine.. alla fine di tutto. Il
luogo dove, un giorno di sole, lui sparì. E non tornò.. e tutto scomparve con
lui. Che fosse una nevosa giornata di gennaio o una soleggiata giornata di
maggio, non riusciva a fare più differenza, perché lui era riuscito a portar
via tutto. Riemersi dai ricordi, e mi accorsi che l’aura di quella debole
figura era accartocciata sopra la panchina, ormai arrugginita. Mi sedetti al suo fianco e quando riuscì ad
intravedere il suo viso, notai che aveva delle strette somiglianze con me… ma
con tratti più spenti e lo sguardo vuoto e cupo. Senza esitare, iniziò a
parlare : << Sai… ci piaceva venire qui, anzi, lo adoravamo perché eravamo
certe che incrociando il suo sguardo tutti i problemi sarebbero scomparsi. Ed era
vero, almeno, per tutto il tempo che eravamo con lui, niente aveva più
importanza. C’era solo lui. E noi.. ed era bella la sensazione che ci provocava
un suo semplice sorriso.>>. Mi guardò con gli occhi di chi sa ciò che non
potrà più tornare, ma riesce a raccontarlo con un lieve sorrise.
<<Volevamo che durasse… durasse per sempre, o almeno un altro po’>>,
e sembrò che delle leggere lacrime iniziassero
a scendere dal suo viso pallido. << Sembri forte, credi di poter
superare tutto… ma ti sbagli. Ci abbiamo provato, senza sosta.. ma non ci siamo
riuscite. Sono la persona che diventerai. Ferita, insensibile, vuota.. a tratti
invisibile.>>. La guardai incredula, le sue parole continuavano a riecheggiare
nella mia mente senza trovare un giusto
significato; e lei alla mia espressione, sorrise. <<Non ti rammaricare..
da questa “apparente quiete” non puoi fuggire, ma soccombere lentamente… e poi
alla fine potrai essere libera.>>; e quelle furono le ultime parole che
disse, prima di svanire nella nebbia. Rimasi seduta lì, mentre i ricordi si
proiettavano davanti a me… e rividi quel viso, quei occhi smeraldi e tutti i
momenti che avevamo condiviso. Era straziante, ma in qualche strano modo
rilassante.. perché per una volta ero stata felice davvero. E avrei tanto
voluto che durasse…
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